MACBETH (2016) – LA SORTE DANNATA A CACCIA DI UN ESSERE VALOROSO

Il portentoso dramma dei drammi shakespeariano, calca la penna con la quale si descrive la vita: la Cinepresa, come avrebbe inteso Pasolini. E se ne introduce, liberandone il nero e stregonesco olezzo dell’inchiostro, sparso in copioni freschi, ma tuttavia con un essenza idilliaca di tutt’altra epoca. E si s’impossessa di un set cinematografico, per il quale sostenere che è straordinario sarebbe solo l’acronimo.  Un po’ per la mente di Macbeth, che è satura di Scorpioni. Un po’ perché in ogni scena Macbeth si avvale del titolo di film travolgente. O anche perché tutta la storia, in sé per se, volge verso l’essere Re.  Grazie ai personaggi, i quali tra di loro, sono più che affiatati.  E la trama, essendo ispirata fedelmente al truculento dramma, va Oltre. Ma ciò non  era possibile, se non ci fosse stato Justin Kurzel, al quale viene affidata la Regia. Con un montaggio delle scene perfetto, che viene affidato a Chris Dickens. Ed è solo l’antipasto, viste le brillanti interpretazioni, all’interno di un clima a dir poco nefasto: questo perché una profezia si avvera, portando la dannazione alla propria ed immancabile rovina.                                                                                                                                                                     Esplorando nell’interessante background, la lavorazione è stata girata tra lande Impervie Inglesi. Anche se soprattutto Scozzesi. Laddove Lady Macbeth (interpretata da Marion Cottilard e doppiata da Stella Musy) è ostentata dal suo Orgoglio, cominciando così a tramare qualcosa di diabolico. E, in effetti, la storia tratta di abuso di potere per scontentezza di ruolo sociale, ritratto incombente ed amaro dell’essere umano, incapace di accontentarsi di valori ragguardevoli come l’onore. Tale azzardo non può che portare verso un baratro di follia; un delirio guidato dal tumulto inesaurubile che contorna lo spirito battagliero dei guerrieri del Re, i quali combattono il vile nemico sul campo, luogo decisivo in cui il sangue e la spada si mescolano alle sorti di migliaia di uomini. E in mezzo a tutte queste anime, quella di Macbeth (interpretato da Michael Fassbender e doppiato da Francesco Prando) è ebbra di speranza, eppure tormentata da buie tentazioni e ambigue visioni, dalle quali rimane costernato. E l’insieme dei fattori viene aizzato dalle sobillatorie parole che bagnano le labbra di Lady Macbeth, per mezzo di una lingua velenosa e serpentina. Espressioni che portano anche la rovina ad essere uno splendore di cupidigia sanguinolenta, per colpa di un’ innocenza stesa su un letto, reso ormai sporco di un fallo imperdonabile, adempiunto nel solenne sonno. Portando le montagne innevate e gli sfondi creati da Alice Felton ad incupirsi di un tono funereo, malgrado il turpe avvenimento inatteso. Il corpo di un Re, portato al macello e poi compianto; un sacrificio necessario per spianare la strada al protagonista verso la corona tanto agognata. In sostanza, da definire come un dipinto dai colori assassini, ma anche come un’ idilliaca opera cinematografica senza tempo. Merito di una sceneggiatura intessuta a più mani negli orrori, contornati da dialoghi di valore inestimabile, sui quali si impianta  e si riconferma lo stile arcaico del dramma del leggendario Sheakspeare. Musiche quasi da necrologio, (create da Jad Kurzel, fratello del regista) divampano come foreste infiammate, mentre il corrotto protagonista lancia i burrascosi ordini nell’aria tossici come fumo. Uno scenario che crea avamposti scomodi nell’anima, come rossore ed ansia. Sopra ad ogni dubbio il remake deportato dagli autori nel nuovo millennio, che sommariamente, forse non sarà all’altezza dei due memorabili Cult del 1948 e del 1971 (rispettivamente di Orson Welles e Roman Polanski) in quanto a ferrea esattezza di trasposizione e voci di doppiaggio presenti ormai storiche, ma in termini di significato e dialogo tra i personaggi rimane fedele all’ assidua autenticità e completezza dell’opera originaria. Specialmente nelle scene principali in generale, ovvero le più preferite dal pubblico.                                                                                                                                     Per quel che riguarda gli attori, tralasciando alcuni ruoli principali, come ad esempio Sean Harris immedesimato nel ruolo di Macduff (doppiato nientemeno che da Roberto Pedicini) e candidato come miglior attore non protagonista ai British indipendent Film Awards, non è stato scelto un cast collettivamente stellare o da Serie A. Tuttavia il flusso del film nelle sue sfaccettature è stato trasmesso in maniera idonea, regalando in platea momenti di vera trepidazione.

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Raffaele Rovinelli nasce il 2 ottobre 1988 a Fano, una piccola città situata sul litorale Adriatico Nord della regione Marche. Sin da piccolissimo ha dimostrato agli altri un certo tipo di sensibilità, oltre alla necessità di solitudine in alcuni momenti delle sue giornate; per questo motivo le persone, specialmente in ambito scolastico, non lo hanno mai compreso, ma addirittura rigettato e pesantemente discriminato in tantissime occasioni della sua vita. Da tale disprezzo esterno, in Raffaele cominciò ad accendersi ed autoalimentarsi una spropositata voglia di riscatto. Nel febbraio 2009, la morte del suo caro bisnonno lo porta, giorno dopo giorno, a capire che la letteratura può aiutarlo ad esprimersi al meglio, pertanto riuscendo, attraverso questo potentissimo mezzo di comunicazione, a farsi comprendere da chi lo circonda. Pian Piano, Raffaele riesce a costruirsi un suo particolare stile di scrittura attraverso il quale si amplia poliedricamente, cominciando in seguito ad approcciarsi alla poesia, agli aforismi, ai racconti brevi e a qualsiasi altro stile di scrittura esistente. Parallelamente a tutto questo, nel 2012 egli si converte, comprendendo in seguito che una semplice religione non sarebbe bastata per cambiare la sua mente, ma sarebbe riuscito nell’intento grazie una relazione autentica e duratura con Dio, instaurata prima di tutto nella fede.. Raffaele, con il tempo necessario a disposizione, avrebbe dato i suoi buoni frutti in qualsiasi campo, sradicando nel profondo qualsiasi tipo di dubbio, vendetta ed amarezza residente in lui, affinché potesse ottenere un riscatto. Nel 2013 è stato scelto come autore emergente per poter offrire visibilità a sette sue composizioni poetiche, attraverso la sua prima partecipazione al un concorso poetico web nazionale, grazie alla sua opera in rima "Sofferenza". In seguito nel luglio del 2014 ha partecipato per la prima volta, con un estratto inedito di racconto lungo 150 parole, al concorso “Getloub” creato dallo scrittore Giuseppe Carta, arrivando tra i finalisti in sesta posizione su venticinque racconti inediti. Nel gennaio del 2015, grazie alla partecipazione del concorso Nazionale “PREMIO PONTEVECCHIO” con un saggio breve inerente alla celebre opera pirandelliana “La patente”, viene segnalato e invitato alla serata di premiazione tenutasi il 14 marzo 2015, dove gli viene consegnato un diploma con motivazione da parte della giuria. Quasi in contemporanea, gli vengono segnalate due poesie inviate al concorso nazionale “Scrivendo Poesie” organizzato da Fiera Libro Romagna. Le suddette poesie vengono poi pubblicate in un’antologia presentata e venduta durante la serata di premiazione e consegna attestati nel corso della Fiera del Libro di Cesena. Nell’estate dello stesso anno prende parte come giurato al concorso “Geltoub” Tra il 2015 e il 2016 prende parte ad alcuni corsi intensivi di sceneggiatura, workshop di teatro e drammaturgia con i docenti professionisti Alessandro Forlani, Riccerdo de Torrebruna e Rosario Galli, per potersi inserire nel mondo del cinema e della cultura, inizialmente in veste di soggettista/co-sceneggiatore. Sempre nel corso dello stesso periodo svolge due spettacoli teatrali con il regista Riccardo de Torrebruna, “PASSAGGIO A NORD - OVEST” rispettivamente a settembre del 2015 e “SALA DA BALLO” a Settembre 2016 con il gruppo teatrale “Spartito libero”. Durante l’estate del 2016 partecipa per la seconda volta al concorso “Geltoub!”, arrivando in quinta posizione su circa trenta racconti brevi. Nel febbraio del 2017 pubblica la sua prima silloge poetica ufficiale “SCIARADE Vol.1 – CADUTA”, grazie al quale inizia a muoversi in maniera più obbiettiva sul web, specialmente attraverso le interviste sui blog; nell’aprile dello stesso anno, all’interno del concorso web “LETTERA A MIO FIGLIO” il suo testo viene scelto per essere inserito in un’antologia di lettere, che viene venduta nel corso del Salone del libro di Torino. Inoltre fonda un blog personale che si chiama “Universalemmi”, nel quale parla liberamente di cinema, danza, letteratura, fumetti, teatro, etc. Sia durante l’inverno che nel corso dell’estate ha preso parte attiva come ballerino di breakdance con il proprio gruppo all’interno degli eventi organizzati con il brand “Carpe Riem”. Sempre nello stesso anno svolge due repliche dello spettacolo già citato “Sala da ballo”, una svoltasi a Pergola dentro il palazo nobiliare di Casa Godio, un’associazione che si occupa di ex tossico dipendenti e persone con problemi di natura psichiatrica; la seconda svoltasi nella splendida cornice del borgo di Antrodoco, una località di bellezza rara ubicata in provincia di Rieti.