MAMMA ROMA – SPERANZE CHE MUOIONO COME FIGLI DISUBBIDIENTI

 

Si parla spesso di pellicola anche al giorno d’oggi, nonostante ormai il digitale abbia preso il sopravvento. Ebbene, oggi voglio portare la vostra attenzione ad un film che ha vissuto il proprio “immortalamento” su una pellicola vera e propria. È un dovere, oltre che un piacere fare ciò per il sottoscritto; essenzialmente perché, a poco più di quarant’anni dalla sua prematura scomparsa per mano eversiva/criminale e occultata in maniera ipocrita, il grande Pasolini regista (o immenso cineasta) continua ad insegnarci “la vita al femminile” in bianco e nero, con tutte le sue bellezze e brutture mescolate in un cocktail di puro ingegno e carnalità; P.P.P. riesce in questo scopo, immergendo lo spettatore in mezzo alle storie raccontate dai personaggi secondo una narrazione retrospettiva, immortalati dalle straordinarie inquadrature in totale all’aperto. Tipiche, per questa pellicola e del resto uniche, anche per un film visto e rivisto dagli intenditori cinefili. Un epocale supercult da cui traspare un realismo d’altri tempi tutt’altro fuorché tenue, o comunque alleggerito lievemente dalle grasse e spensierate risate della protagonista, Roma Garofolo, interpretata ad un livello sublime dall’impareggiabile diva di talento Anna Magnani. “Mamma Roma” si presenta come è nella sua essenza, un girato autentico che vivacizza i bassifondi e i borghi romani del 1962, pieni di ragazzi spensierati i quali semplicemente giocavano a pallone in strada.

Si, giocavano perché ormai in quei luoghi non lo fa più nessuno. Adesso tra le borgate Romane sfilano casapound e forza nuova, dando memoria a ciò che per Pasolini era più aberrante: il fascismo. I tempi cambiano, o per meglio dire, a volte ritornano. Ma ritorniamo a noi. Nel capolavoro viene descritto in maniera particolare l’attaccamento di una madre prostituta (e per questo “Mamma di tutti i Romani”) nei confronti di suo figlio, preso in esame da Pasolini in alcune poesie già scritte da egli stesso in quell’anno, presenti nella raccolta “Vite Nuove”. Parlando di scrittura i dialoghi, taluni di essi di natura altamente toccante, vengono affrontati con la dialettica romana scarna e rozza di tutti i giorni.

Laddove la sopravvivenza per imparare qualcosa di utile, dunque per fare la differenza nel quotidiano diviene sempre più ostacolata dalla malavoglia, dalle circostanze invivibili poiché magre di denaro; ne sa qualcosa Ettore Garofolo, figlio di sua madre che sa bene cosa vuol dire praticare “il mestiere”. Assieme a quest’ultima, Ettore torna a vivere a “Caput Mundi”, imparando anche lui a conoscere una giovanissima prostituta dal carattere gioioso, bruna, in forza della quale è impossibilitato a pagarla per svolgere le sue “mansioni in natura”. D’altro canto, Mamma Roma ci tiene troppo a lui per lasciarlo vagare in strada, senza soldi. E purtroppo quest’ultimo non possiede nessuna base ferrea ed onesta sulla quale attaccarsi per ottenere un lavoro rispettabile. Niente pezzi carta, niente esperienza, nulla di nulla. Il parroco, interpretato da Paolo Volponi, su questo si dimostra irremovibile, ritenendo:”Non si può costruire niente sul niente”. Sicché Mamma Roma decide di organizzare, assieme a persone di sua fiducia, un complotto in favore del figlio. E qui si eleva l’elemento folgorante della storia: l’egoismo che, per amore incondizionato, si annulla. Perché una madre che è sempre stata al centro dell’attenzione per gli uomini, si dimostra nei fatti disposta a tutto pur di vedere liberamente realizzato il doloroso frutto del suo grembo materno. Tuttavia questo elemento non basta: il personaggio di Ettore sottolinea una longeva passività ricolma di disinteresse. Anche se solo per un po’. Come se non bastasse, in Casa Garofolo si squarcia un breccia, per mezzo della quale lo spettatore riesce ad avere maggior luce sul compianto passato di Mamma, riguardo all’abbandonato “battere” assieme alle amiche. Le quali conoscono alla perfezione “l’arte più vecchia del mondo”, che si concorda a loro immagine e somiglianza. Lasciate sole in un mondo altrettanto solo, meschino e falsamente perbenista. E’ per questo che è venuto al mondo Pasolini: per raccontare verità chiuse in gabbia, offuscate da un moralismo vuoto e discutibile, dunque mai riscontrato nel vivere collettivo della gente. E ciò è stato talmente scomodo che lui ci ha rimesso la vita. Similmente ad Ettore, che non ha voluto ascoltare la morale che tanto era di tendenza all’epoca, in un periodo italico difficoltoso, poichè eccessivamente “benpensante”. Un pensiero rigido, incapace di vedere le cose al di fuori del solito bianco e del solito nero. Pasolini invece cercò di “colorare” e giocò, persino la sua vita.

 

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Pubblicato da universalemmi

Raffaele Rovinelli nasce il 2 ottobre 1988 a Fano, una piccola città situata sul litorale Adriatico Nord della regione Marche. Sin da piccolissimo ha dimostrato agli altri un certo tipo di sensibilità, oltre alla necessità di solitudine in alcuni momenti delle sue giornate; per questo motivo le persone, specialmente in ambito scolastico, non lo hanno mai compreso, ma addirittura rigettato e pesantemente discriminato in tantissime occasioni della sua vita. Da tale disprezzo esterno, in Raffaele cominciò ad accendersi ed autoalimentarsi una spropositata voglia di riscatto. Nel febbraio 2009, la morte del suo caro bisnonno lo porta, giorno dopo giorno, a capire che la letteratura può aiutarlo ad esprimersi al meglio, pertanto riuscendo, attraverso questo potentissimo mezzo di comunicazione, a farsi comprendere da chi lo circonda. Pian Piano, Raffaele riesce a costruirsi un suo particolare stile di scrittura attraverso il quale si amplia poliedricamente, cominciando in seguito ad approcciarsi alla poesia, agli aforismi, ai racconti brevi e a qualsiasi altro stile di scrittura esistente. Parallelamente a tutto questo, nel 2012 egli si converte, comprendendo in seguito che una semplice religione non sarebbe bastata per cambiare la sua mente, ma sarebbe riuscito nell’intento grazie una relazione autentica e duratura con Dio, instaurata prima di tutto nella fede.. Raffaele, con il tempo necessario a disposizione, avrebbe dato i suoi buoni frutti in qualsiasi campo, sradicando nel profondo qualsiasi tipo di dubbio, vendetta ed amarezza residente in lui, affinché potesse ottenere un riscatto. Nel 2013 è stato scelto come autore emergente per poter offrire visibilità a sette sue composizioni poetiche, attraverso la sua prima partecipazione al un concorso poetico web nazionale, grazie alla sua opera in rima "Sofferenza". In seguito nel luglio del 2014 ha partecipato per la prima volta, con un estratto inedito di racconto lungo 150 parole, al concorso “Getloub” creato dallo scrittore Giuseppe Carta, arrivando tra i finalisti in sesta posizione su venticinque racconti inediti. Nel gennaio del 2015, grazie alla partecipazione del concorso Nazionale “PREMIO PONTEVECCHIO” con un saggio breve inerente alla celebre opera pirandelliana “La patente”, viene segnalato e invitato alla serata di premiazione tenutasi il 14 marzo 2015, dove gli viene consegnato un diploma con motivazione da parte della giuria. Quasi in contemporanea, gli vengono segnalate due poesie inviate al concorso nazionale “Scrivendo Poesie” organizzato da Fiera Libro Romagna. Le suddette poesie vengono poi pubblicate in un’antologia presentata e venduta durante la serata di premiazione e consegna attestati nel corso della Fiera del Libro di Cesena. Nell’estate dello stesso anno prende parte come giurato al concorso “Geltoub” Tra il 2015 e il 2016 prende parte ad alcuni corsi intensivi di sceneggiatura, workshop di teatro e drammaturgia con i docenti professionisti Alessandro Forlani, Riccerdo de Torrebruna e Rosario Galli, per potersi inserire nel mondo del cinema e della cultura, inizialmente in veste di soggettista/co-sceneggiatore. Sempre nel corso dello stesso periodo svolge due spettacoli teatrali con il regista Riccardo de Torrebruna, “PASSAGGIO A NORD - OVEST” rispettivamente a settembre del 2015 e “SALA DA BALLO” a Settembre 2016 con il gruppo teatrale “Spartito libero”. Durante l’estate del 2016 partecipa per la seconda volta al concorso “Geltoub!”, arrivando in quinta posizione su circa trenta racconti brevi. Nel febbraio del 2017 pubblica la sua prima silloge poetica ufficiale “SCIARADE Vol.1 – CADUTA”, grazie al quale inizia a muoversi in maniera più obbiettiva sul web, specialmente attraverso le interviste sui blog; nell’aprile dello stesso anno, all’interno del concorso web “LETTERA A MIO FIGLIO” il suo testo viene scelto per essere inserito in un’antologia di lettere, che viene venduta nel corso del Salone del libro di Torino. Inoltre fonda un blog personale che si chiama “Universalemmi”, nel quale parla liberamente di cinema, danza, letteratura, fumetti, teatro, etc. Sia durante l’inverno che nel corso dell’estate ha preso parte attiva come ballerino di breakdance con il proprio gruppo all’interno degli eventi organizzati con il brand “Carpe Riem”. Sempre nello stesso anno svolge due repliche dello spettacolo già citato “Sala da ballo”, una svoltasi a Pergola dentro il palazo nobiliare di Casa Godio, un’associazione che si occupa di ex tossico dipendenti e persone con problemi di natura psichiatrica; la seconda svoltasi nella splendida cornice del borgo di Antrodoco, una località di bellezza rara ubicata in provincia di Rieti.