Pochi giorni fa, con estremo piacere ospite di avere ospite (Viva Luca Giurato) mi sono imbattuto per l’ennesima e mai ultima volta dinanzi a questo grande capolavoro. So che sembra scontato perchè questo lo sanno tutti, ma non vorrei che una volta morto il regista, lentamente, assai molto lentamente si affievolisca l’importanza dei film da egli girati. Fatta questa primordiale premessa, passiamo pure ai fatti, anche se con le parole. Una giornata particolare è un altro penetrante frammento del cinema d’autore nostrano, firmato dal grande e compianto regista Ettore Scola; con un soggetto e una sceneggiatura scritta in maniera letteralmente storica, delineata anche da Ruggiero Maccari in collaborazione a Maurizio Costanzo, si pongono a duro impatto tra loro le funeste tematiche della guerra, del maschilismo estremo e dell’allontanamento del “diverso”, per mezzo delle quali alcune categorie sociali del sottoproletariato italiano hanno vissuto istanti di mera disperazione. Una giornata particolare proietta la sua immagine filmica su ciò che viene definito una stranezza con l’obbiettivo di renderla una visione normale del vissuto, affinché nella mente dei diretti interessati non sfiori neanche per un momento l’idea di compiere su di sé il deplorevole atto del suicidio. E, con la sua lodevole interpretazione, Marcello Mastroianni ne è in assoluto il mentore. Poiché nel suo ruolo di omosessuale giudicato da tutti come un disfattista antifascista l’attore immette la sua immensità di bravura nel personaggio di Gabriele, che, ai tempi del vile regime totalitario del Paese, viene considerato non una persona, ma, per via delle sue abitudini sessuali, un autentico cancro civile. Un ritratto molto triste della solitudine il quale si rispecchia sia nel suo volto che in quello di Antonietta, un umile casalinga grandemente succube del marito interpretata da una suadente Sofia Loren. Da qui si distingue in maniera immediata la carenza di felicità per mezzo dei loro sguardi. Forse è per questo motivo che inconsapevolmente Antonietta sente qualcosa verso Gabriele, provando sulla pelle la truce realtà del rifiuto.
Esattamente come la società meschina e grigia che li circonda si comporta nei confronti di Gabriele; per il quale Antonietta spoglia da se stessa il pesante plagio ferreo di Mussolini e la sudditanza del marito, per provare a togliersi così i vestiti ipocriti ed unirsi all’uomo che non aveva mai avuto. Dunque Antonietta finalmente riaffiora e assieme a lei sboccia il desiderio di libertà mai provato prima, accompagnato dalle soavi note musicali di Armando Trovajoliv. Anche se quei migliori colori risulteranno come l’abbaglio di un libro aperto fugacemente e subito richiuso, malgrado il greve desiderio che Emanuele vuole soddisfare da dentro di sé, dopo una giornata vissuta immerso nei dittatorialismi più assoluti: concepire il settimo figlio, chiamato Adolfo come il dittatore tedesco dall’innocente grembo di Antonietta. Ma questa pesantezza può dissolversi solo leggendo, acquistando così preziosa conoscenza sia del passato che del presente. Così il film girato nel più grande caseggiato romano costruito negli anni ’30, si dimostra accecante in vista della sua importante tematica e al tempo stesso frustantemente bigio. Sicché è stato pluripremiato non solo tra l’anno di produzione e l’anno successivo con vari Golden Globe, ma anche nel 2014 come miglior classico restaurato. Una perla che rimarrà sempre e comunque un eccezione originale nel contesto dell’intera filmografia italiana legata al linguaggio innovativo. Visto che tutte le tematiche trattate sono a tutt’oggi vive, specialmente quelle negative.
https://www.youtube.com/watch?v=Unnh0mH4V9A